NON VOGLIAMO ESSERE COSTRETTI A PAGARE PER POTER LAVORARE!
1)ANOMALIA DELLA DOPPIA CONTRIBUZIONE PER I FARMACISTI DIPENDENTI.
Si contesta la doppia contribuzione obbligatoria applicata ai farmacisti dipendenti come anomalia previdenziale sotto il profilo normativo.
Vediamo il perché. L'obbligo previdenziale alla cassa di categoria in aggiunta a quello verso l'INPS, applicato ai farmacisti dipendenti (ma anche ai medici dipendenti) sembrerebbe imposto dall'art 21 del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233 a tutte le professioni sanitarie a cui fa riferimento il decreto, ma di fatto non trova riscontro nelle altre rimanenti professioni sanitarie che sono quelle dei veterinari, dei biologi, dei fisici, dei chimici, delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Infatti questi professionisti con lavoro subordinato pagano solo l'Inps ma non la cassa di categoria. “Art. 21.
Gli iscritti agli albi sono tenuti anche all'iscrizione ed al pagamento dei relativi contributi all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza istituito e da istituirsi per ciascuna categoria.”....omissis
Si ricorda che le casse privatizzate in linea di principio sono di pertinenza dei “liberi professionisti” iscritti ad un albo professionale. Invece un farmacista dipendente iscritto all'albo prima del 2004, tra tassa ordine e quota Enpaf, spende circa 1000 euro all'anno di tasca propria per poter lavorare (*quando va bene...), oltre ovviamente a pagare l'Inps dalla busta paga.
2)CRITICITA' DELLA QUOTA ENPAF FISSA E INTERA APPLICATA A BORSISTI E P.IVA CON BASSI REDDITI. Pagano 5.316 euro all'anno!
Il sistema a quota fissa dell'ente è una vera rarità, avendo oramai tutte le casse il sistema di pagamento per gli iscritti attraverso le aliquote contributive, cioè in proporzione al reddito. Il risultato di questo regolamento fa sì che il borsista o il libero professionista a basso reddito iscritto all'albo dei farmacisti e d'ufficio all'Enpaf, paghi di quota Enpaf 5316 euro all'anno, alla stessa stregua di un titolare di farmacia che possiede 4 farmacie. Deve pagare la stessa cifra il farmacista dipendente o disoccupato che presenta la domanda di riduzione in ritardo.
3)LA QUOTA AL 50%, cioè 2680 euro all'anno è quanto deve pagare ad Enpaf il laureato in farmacia che non si cancella dall'albo ma svolge altra professione ( non nell'elenco delle attività professionali del farmacista) e magari vuole partecipare ai concorsi. L'accesso ai concorsi diventa costoso.
4)LA QUOTA AL 50%, cioé 2680 euro all'anno viene APPLICATA AI DISOCCUPATI CON 5 ANNI DI ISCRIZIONE E DISOCCUPAZIONE, ANCHE FRAZIONATA NEL TEMPO!
La norma oltre ad essere evidentemente iniqua ha una sorta di carattere “ punitivo” che spinge ovviamente alla cancellazione. Anche in questo caso l'accesso ai concorsi diventa costoso.
5)CONTRIBUZIONE A FONDO PERDUTO. La contribuzione Enpaf pagata dal farmacista dipendente non garantisce sempre un ritorno previdenziale. I motivi sono diversi. Il primo caso è quello del contributo di solidarietà che possono pagare i farmacisti dipendenti in possesso dei requisiti chiesti dall'ente e con prima iscrizione all'albo successiva al 2004 (si ricorda che senza quei requisiti di lavoro/ disoccupazione entro limiti temporali fissati dall'ente, pagano molto di più).
Questi versano già ad Enpaf un contributo per l'assistenza, e tale contributo di solidarietà è più simile ad una vera tassa per esercitare la professione del farmacista, applicata dall'ente ai più fragili.
Inoltre è paradossale che i più giovani debbano pagare di tasca propria un contributo di solidarietà ad un ente previdenziale accessorio, quale l'Enpaf, che ha approvato il bilancio d'esercizio relativo al 2023 con un utile di esercizio superiore ai 200 milioni di euro!
E' risaputo che oggigiorno i giovani sono i più penalizzati a livello previdenziale per una questione demografica e di poco virtuosa gestione della previdenza del passato. Non un euro dovrebbe essere versato a vuoto, ma utilizzato piuttosto per una vera previdenza complementare e libera. Il problema della contribuzione a fondo perduto riguarda anche i contributi silenti dei farmacisti dipendenti che non raggiungono 30 anni di contributi Enpaf, 20 di esercizio di attività professionale del farmacista e che non riescono neanche ad ottenere un recupero attraverso il cumulo contributivo.
PER TUTTI QUESTI MOTIVI CHIEDIAMO L'ABOLIZIONE DEL PAGAMENTO OBBLIGATORIO DELLA QUOTA ENPAF PER I FARMACISTI DIPENDENTI E DISOCCUPATI.
(*quando va bene.....) = col REQUISITO DI LAVORO dipendente come attività professionale del farmacista che rispetti anche i REQUISITI TEMPORALII CHIESTI DA ENPAF, cioè minimo sei mesi e un giorno in un anno intero, o la metà più un giorno del periodo di iscrizione all'albo se questo periodo di iscrizione all'albo è inferiore ad un anno.